Il conflitto tra Russia e Ucraina porta a ripensare i flussi del commercio globale
La guerra russo-ucraina ha sconvolto i già fragili equilibri del commercio internazionale e, specialmente, dei flussi di approvvigionamento verso il Vecchio Continente. L’effetto del conflitto sulle transazioni commerciali si articola su direttrici multiple, poiché determinate allo stesso tempo dalle sanzioni economiche applicate da Unione Europea e Regno Unito, dalla necessità di affidarsi a nuove rotte commerciali e dalla crescita spaventosa dei prezzi delle commodities. Le conseguenze saranno percepite dai diversi paesi dell’UE in misura diversa, a seconda del grado di flessibilità delle aziende e dell’effettiva dipendenza dalle importazioni russe e ucraine.
La guerra russo-ucraina, si inserisce in un contesto già fortemente penalizzato dalla pandemia Covid, che aveva stravolto il normale funzionamento delle supply-chain globali con i cosiddetti colli di bottiglia e i costi logistici alle stelle. Ad oggi, la guerra rende particolarmente difficoltoso l’utilizzo delle rotte del Mar Nero per le importazioni commerciali, in particolare del greggio da Russia e Kazakistan, ma anche altri prodotti per i quali la Russia rappresenta una fonte di approvvigionamento fondamentale per l’Italia, ossia i fertilizzanti agricoli e il gas naturale.
Oltre alla difficoltà a compiere transazioni con i fornitori russi, a causa dell’esclusione di alcune banche russe dal sistema SWIFT e il blocco delle riserve valutarie in Europa, si aggiungono i rischi effettivamente comportati dal passaggio nel Ponto Eusino e, conseguentemente, dagli alti premi assicurativi richiesti alle aziende di trasporti e logistica. E non sono solo i trasporti marittimi a essere bloccati, dato che anche i collegamenti ferroviari verso Est sono interrotti.
Le conseguenze delle sanzioni erogate in risposta al conflitto, tuttavia, pesano soprattutto su Mosca. Infatti, mentre la Russia pesa solo per il 2% dell’interscambio totale complessivo dell’UE, al contrario Bruxelles vale il 34% del commercio bilaterale di Mosca. Per quanto riguarda l’Italia, bisogna analizzare con attenzione il peso della guerra sull’interscambio commerciale con la Russia in entrambi i versi.
Le rotte commerciali tra Europa e Asia vengono ridefinite
Al di la dei flussi commerciali dell’UE con la Russia e l’Ucraina, gli effetti della guerra russo-ucraina si stanno riversando anche sulle rotte commerciali che attraversano questi due Paesi. Infatti, i due costituiscono una parte fondamentale del ponte eurasiatico che unisce l’Europa e l’Asia. Lo spazio aereo russo è attualmente interdetto a 36 paesi e viceversa, rendendo necessario il ripensamento delle catene di valore globali che vedranno la riduzione delle capacità di carico aereo e l’innalzamento dei prezzi dovuto all’allungamento delle arterie commerciali. Questa situazione innalza ulteriormente il costo dei prezzi delle merci al consumatore che, secondo le stime di UNCTAD, sono aumentati dell’1,5% durante la pandemia. Gli effetti più pesanti sono stati sopportati dalle economie più vulnerabili come le isole, i paesi senza sbocchi sul mare e i paesi meno sviluppati.
Nel 2021, a causa dell’innalzamento dei costi del trasporto navale e della riduzione delle navi in partenza, 1,5 milioni di container oceanici sono stati trasportati su rotaia tra Asia ed Europa. Ora che questa opzione è preclusa dal conflitto tra Russia e Ucraina, si potrebbe registrare un aumento tra 5 e 8% della domanda di trasporti via nave con ulteriore aumento delle tariffe altresì dovuti al caro petrolio.
Le esportazioni italiane sono penalizzate in alcuni settori
Quanto ai flussi commerciali dall’Italia verso la Russia, le sanzioni erogate finiscono inevitabilmente per penalizzare anche le aziende del Bel Paese. Infatti, la Russia nel 2021 rappresentava la destinazione dell’1,5% delle nostre esportazioni per un valore di oltre 7 miliardi e mezzo di euro (dati dell’Osservatorio Economico del MAECI).
L’Unione Europea ha modificato il regolamento (UE) n. 833/2014, adottato nel 2014 in seguito all’invasione russa della Crimea, introducendo sanzioni e misure restrittive nei confronti delle esportazioni in Russia volte a destabilizzare la situazione in Ucraina.
Tra le categorie più esportate sottoposte a sanzione la circolare evidenzia:
- beni a duplice uso e tecnologie;
- abbigliamento, borse, calzature, cosmetici, profumi, orologi, stoviglie di ceramica e cristallo, vino con il valore unitario in fattura superiore a € 300;
- elettrodomestici con prezzo unitario superiore a € 750;
- dispositivi elettronici o ottici per la registrazione e riproduzione del suono con il prezzo unitario superiore a € 1.000;
- strumenti musicali, attrezzature sportive, attrezzature da bowling, casino e slot machine, antiquariato ed opere d’arte di valore superiore a € 1.500.
Secondo le previsioni di Wine Monitor-Nomisma, la guerra russo-ucraina rischia di mettere a repentaglio un giro d’affari nel mondo vitivinicolo che per l’Italia vale 400 milioni di euro. L’Italia è primo fornitore di vino delle due principali nazioni coinvolte nel conflitto, molto più esposto persino di competitor prestigiosi come Francia e Spagna. Secondo l’Osservatorio Nomisma, nel 2021 la Russia ha importato 345 milioni di euro di vino italiano (+18% sul 2020) mentre in Ucraina i numeri sono inferiori ma in crescita (+200% in 5 anni) a 56 milioni di euro, per un aggregato di circa 400 milioni di euro.
L’incidenza del mercato russo sul totale delle esportazioni diventa più rilevante anche per alcuni settori chiave del nostro paese, come la Meccanica strumentale (3%), del Legno e Arredo(3%), della Meccanica Varia(2,5%) e del Tessile-Abbigliamento (2,5%). In particolare ad essere penalizzate sono le esportazioni di bruciatori e forni, impiantistica chimica e siderurgica, scambiatori di calore, macchine per i metalli e parti meccaniche minori. Non va infine dimenticata l’industria alimentare, dato il peso delle macchine per il packaging e delle macchine alimentari. Nel caso dei beni di consumo, sono invece i tappeti, i prodotti di abbigliamento e i mobili a risultare maggiormente a rischio.
Gli impatti sulle importazioni da Russia e Ucraina
La guerra russo-ucraina, minaccia le forniture di grano all’Italia provenienti per il 3,1% da Russia e Ucraina che al momento rimane paralizzata dal conflitto in casa propria e dalla chiusura dei porti. La portata di una drastica riduzione degli approvvigionamenti ucraini è enorme, causando un aumento dei prezzi dei mangimi per il bestiame, che potrebbe comportare un conseguente aumento dei prezzi di carne e latticini.
Quanto alla Russia, secondo il report dell’Osservatorio economico del MAECI pubblicato pochi giorni fa, nel 2021 si è attestata come l’ottava fonte di provenienza dell’import italiano con un aumento del +54,5% rispetto al 2020. In particolare, l’incremento delle quote di importazioni dalla Federazione Russa hanno riguardato i fertilizzanti agricoli e il gas naturale (+50,8%).
I prezzi dei fertilizzanti, già alti a causa dell’impennata dei prezzi del gas all’ingrosso, stanno rapidamente lievitando. Gli analisti osservano che un inasprimento della situazione attuale porterebbe ad un ulteriore aumento dei costi che gli agricoltori devono sostenere.
Come reagisce l’Italia agli shock da parte dell’offerta energetica?
La guerra russo-ucraina sembra, tuttavia, mettere le basi ad una piattaforma di collaborazione sub-regionale in seno all’UE, il c.d. Fronte Mediterraneo. Infatti il primo ministro Draghi lo scorso 18 marzo ha ospitato in un summit a Villa Madama i premier spagnolo Sánchez, portoghese Costa e greco Mitsotakis, per dare vita ad un fronte comune per il ripensamento dell’approvvigionamento energetico e le politiche fiscali comunitarie. L’obiettivo è fare fronte comune per contrastare l’opposizione di paesi come Francia, Germania e Paesi Bassi in occasione della prossima sessione del Consiglio Europeo in programma per il 24 e 25 marzo. Infatti, il timore è che questi paesi possano ostacolare il raggiungimento di una posizione condivisa a livello comunitario, in virtù della loro capacità di diversificare in maniera autonoma il proprio fabbisogno energetico.
La proposta dei leader “mediterranei” si articola su tre punti:
- la definizione di un tetto massimo per il prezzo di gas ed elettricità per contrastare le speculazioni;
- un sistema di acquisti energetici a livello comunitario per avere un peso negoziale maggiore con i fornitori;
- un sistema di stoccaggio dell’energia condiviso.
Come contrastare gli effetti della guerra russo-ucraina?
L’Italia presenta un significativo incremento della diversificazione dei mercati di sbocco sia in termini assoluti sia relativamente agli altri paesi del campione, attestandosi seconda solo alla Germania nell’UE. Tale dinamica evidenzia come, particolarmente negli ultimi 15 anni, i prodotti italiani abbiano raggiunto un considerevole numero di nuovi mercati, intercettando nicchie di mercato precedentemente poco esplorate. Questo cambiamento risulta immediatamente evidente mostrando la dinamica dell’indice nel tempo. Tale indice ha avuto un incremento per l’Italia del 70.8% mentre il secondo miglior risultato è rappresentato dalla Spagna, cresciuta del 54%, partendo però da una struttura geografica delle esportazioni fortemente concentrata sui mercati europei.
L’Italia ha non solo raggiunto un numero di mercati sempre maggiore, ma anche progressivamente attenuato le differenze delle quote dei singoli paesi. Un aspetto positivo di questo risultato è che le imprese italiane risultano meno esposte ad eventuali shock esogeni grazie alla minor dipendenza da un numero inferiore di mercati cruciali.
Ciononostante, se il segmento cardine dell’economia italiana quindi, da un lato, è certamente più pronto e resiliente agli impatti economici di una nuova crisi, dimostra dall’altro la necessità di evolvere significativamente dal punto di vista dell’approccio e metodo alla strategia.
Gli effetti della guerra russo-ucraina sul commercio internazionale, mettono per l’ennesima volta l’accento sulla necessità di aumentare la consapevolezza dell’impresa sui propri punti di forza e debolezza relativi, e di riuscire a definire un posizionamento competitivo che risulti “sostenibile”, date le caratteristiche dell’ambiente esterno. Le aziende devono cioè avere la flessibilità e la visione tale da favorire un riadattamento delle attività al verificarsi di shock esogeni come appunto la guerra tra Russia e Ucraina.
L’imperativo per le aziende è quello di diversificare sempre più i propri canali di approvvigionamento e vendita, al fine di poter agevolmente fare fronte a situazioni che possono mettere a repentaglio l’esistenza stessa dell’impresa. Per fare ciò, è necessario provare ad immaginare il futuro, definire un percorso di crescita consapevoli dei propri limiti e punti di forza e agire con decisione al fine di prepararsi in anticipo, anziché reagire.
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