La crisi degli ultimi anni ha colpito duramente non solo le piccole aziende, ma anche alcune eccellenze italiane, spingendo molti operatori del settore alimentare a vendere le proprietà e lasciarsi acquisire dagli stranieri, in particolare da arabi, russi e cinesi.
Per quanto riguarda questi ultimi, si è notato un particolare interesse per il settore vinicolo, nonostante la Cina abbia per estensione la maggior parte dei vigneti mondiali, superando solo la Spagna. Si sa però che la produzione di vino è molto di più della semplice coltivazione di una pianta, serve un certo tipo di terreno, un certo clima, una lunga selezione e sperimentazione di innesti sulle piante, oltre a un know-how che risale a molte generazioni indietro.
La soluzione migliore è perciò comprare dei vigneti, ma non dei vigneti qualunque. Potrebbe rappresentare una soluzione vincente ad esempio il Montalcino, dove viene prodotto il celeberrimo e costoso Brunello, oppure una piccola proprietà nel Chianti Classico, dove due casali sono stati ricostruiti per poter aprire un agriturismo di lusso. Anche le zone del Trentino, meritano una menzione particolare. Per questa ragione, molte aziende italiane italiane del settore si sono addirittura specializzate nel settore di compravendita di vigneti, fondando partnership con altrettante società immobiliari cinesi.
Anche se a detta dell’opinione pubblica questa offensiva cinese è vista come un’invasione, in realtà la vivacità di un settore economico si vede dalla quantità degli investimenti, suggerendo che, comunque, nonostante appunto la crisi, la produzione di vino e i possedimenti agricoli godono di ottima salute, dato il crescente interesse di nuovi investitori.
In particolare, per i nuovi ricchi cinesi, l’acquisizione di un vigneto importante non è solo uno status symbol, ma soprattutto un modo per assicurarsi una fetta di import controllando i prezzi, infatti la Cina è uno dei maggiori importatori di vini italiani, con la prospettiva di una leadership nel 2016.